IL PRETORE Letti gli atti del processo penale iscritto al n. 11983/1998 r.g. dib. pendente presso questo ufficio nei confronti di Zuccaro Francesca Anna, nata a Catania il 4 novembre 1971; O s s e r v a L'imputata e' stata rinviata a giudizio dal g.i.p. presso questo ufficio a seguito di rituale e tempestiva opposizione avverso un decreto penale di condanna. Il suo difensore, prima della discussione finale, ha eccepito la nullita' del decreto che ha disposto il giudizio, perche' lo stesso non e' stato preceduto dall'invito a comparire per rendere l'interrogatorio. Il p.m. di udienza si e' associato alla suddetta eccezione. Cio' premesso, il giudicante rileva che la legge 16 luglio 1997, n. 234, ha introdotto un'ipotesi di nullita' del decreto di citazione a giudizio davanti al pretore, se lo stesso non sia stato preceduto dall'invito a comparire per rendere l'interrogatorio ai sensi dell'art. 375 c.p.p. Si tratta di una nullita' testualmente riferita (per quanto riguarda il giudizio pretorile) al solo decreto di citazione previsto dall'art. 555 c.p.p., mentre nulla e' stato stabilito espressamente per il decreto dispone il giudizio emesso dal g.i.p. a seguito di opposizione a decreto penale di condanna. Puo' pertanto verificarsi che due persone, imputate in distinti processi di un reato della stessa specie, ricevano un trattamento distinto, secondo che il p.m. scelga, in maniera discrezionale ed insindacabile in sede giurisdizionale, di esercitare l'azione penale seguendo una delle due modalita'. Nel primo caso la persona sottoposta ad indagini preliminari potra' infatti prospettare all'organo inquirente le proprie ragioni ad addurre elementi a discolpa prima dell'esercizio dell'azione penale, con la possibilita' che il p.m., ravvisandone gli estremi, chieda al g.i.p. la emissione di un decreto di archiviazione; nel secondo caso, invece, l'indagato potra' trovarsi, senza essere stato posto in grado di difendersi preventivamente, di fronte ad un decreto penale gia' emesso e non potra' piu' ottenere l'archiviazione della propria posizione, ne' avra' alcun meccanismo processuale per "costringere" il p.m. ad assumere l'interrogatorio prima del giudizio. L'imputato, in questa seconda ipotesi, se vorra' prospettare le proprie ragioni difensive dovra' necessariamente proporre opposizione avverso il decreto penale e chiedere al g.i.p. l'emissione del decreto che dispone il giudizio. In altri termini, due situazioni potenzialmente identiche vengono trattate in maniera difforme, senza alcuna apprezzabile giustificazione logica e giuridica e dunque in maniera irragionevole. Se l'imputato puo' difendersi in entrambe le situazioni, nella seconda ipotesi le condizioni per l'esercizio di tale diritto sono piu' gravose e la stessa pubblica amministrazione, lato sensu intesa, subisce un pregiudizio, nella misura in cui e' necessario celebrare un pubblico dibattimento (con i costi ed i tempi che cio' comporta) per definire situazioni processuali che avrebbero, in ipotesi, potuto trovare una definizione anticipata con una richiesta (e con un decreto) di archiviazione. Non puo' dunque ritenersi manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 459 e seguenti c.p.p., nella parte in cui non prevedono che il p.m., prima di richiedere la emissione di un decreto penale di condanna, debba contestare il fatto alla persona sottoposta ad indagini preliminari con un invito a comparire per rendere l'interrogatorio; i parametri di riferimento costituzionale vanno ravvisati, per quanto gia' detto, negli artt. 3 e 97 della Carta. La questione e' rilevante nel processo in corso, posto che la sua soluzione comporta differenti valutazioni in ordine alla ritualita' dell'esercizio dell'azione penale.